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Il latte? Non è “tutta salute”.

Nonostante la diffusa convinzione che il latte animale, in particolare quello di vacca, sia una bevanda sana, fortificante e mineralizzante, le numerose ricerche scientifiche dimostrano che la verità su questo alimento è tutt’altra: il latte non è un alimento adatto all’uomo e può, al contrario, essere molto nocivo per la sua salute.

Innanzitutto il latte (sia quello umano sia quello animale) viene prodotto dall’organismo con la funzione primaria di nutrire il nuovo nato e dunque costituisce, in questa fase della vita, l’alimento migliore per il piccolo: l’allattamento della madre è il prolungamento della funzione della placenta, ed ha non solo un ruolo di nutrimento ma anche di informazione legata all’embriogenesi.

Dopo la nascita il latte materno prosegue tale informazione, trasmettendo al lattante messaggi legati alla sua crescita. Questo ruolo perdura per un tempo limitato (di solito da sei mesi ad un massimo di tre anni), sino allo svezzamento graduale, durante il quale vengono introdotti nell’alimentazione del bambino altri nutrienti (verdura, frutta, cereali, proteine, olio, ecc.).

Il latte di donna corrisponde esattamente alla costituzione biologica del neonato ed è quindi l’unico alimento adatto alle necessità del neonato e del bambino piccolo, le quali variano con la crescita: la composizione del latte materno si modifica nel tempo, passando dal colostro (prodotto nei primi 5 giorni dopo il parto), al latte di transizione (prodotto dal 6° al 15° giorno), al latte maturo. Queste tre varietà di latte presentano livelli diversi di glucidi, lipidi, proteine, minerali, oligoelementi e vitamine.

Il latte di vacca contiene una varietà di fattori di crescita che veicolano all’ipofisi del vitello messaggi adatti a questa specie di animale e non ad un’altra: ad esempio quello di raggiungere all’età di sei mesi un peso di oltre 100 kg. È evidente che tale informazione specifica non corrisponde assolutamente alla crescita normale di un essere umano, ed è quindi quantomeno probabile che, col tempo, l’assunzione prolungata di latte vaccino porti ad un cattivo funzionamento fisiologico dell’individuo.

Per quanto riguarda, poi, la composizione, il latte umano e quello vaccino presentano differenze rimarchevoli.

Il latte di donna contiene la maggiore quantità (7%) di lattosio (zucchero formato da una molecola di galattosio, una di glucosio e tracce di due disaccaridi, l’allolattosio e il ginolattosio) riscontrata fra i mammiferi. Ciò favorisce l’assimilazione di molti minerali, mentre la sua scomposizione libera galattosio, zucchero indispensabile per lo sviluppo del sistema nervoso e la produzione della mielina, che riveste le fibre nervose. Inoltre permette la proliferazione di lattobacilli, che nell’intestino tenue provoca un’acidificazione che inibisce l’impianto di germi patogeni ed induce la presentazione dei minerali in una forma assimilabile. L’idrolisi del lattosio è effettuata dalla lattasi ( enzima che si trova nelle cellule dell’intestino tenue) che si riduce con l’avanzare dell’età e sparisce completamente in molti individui adulti. Ciò dimostra ,fra l’altro, come, oltre l’età infantile, la lattasi e quindi anche il latte non sono più fisiologici.

Il latte di donna è inoltre molto ricco di trigliceridi, colesterolo, acido palmitico, acido oleico, molto adatti ai bisogni nutrizionali del lattante. Un altro punto di forza è l’abbondanza di alcuni acidi grassi polinsaturi quali l’acido linoleico, α-linolenico e γ-linolenico, tutti fondamentali per la crescita e la mielinizzazione del sistema nervoso. Il latte di vacca, al contrario, è sette volte più ricco di acido butirrico, che aumenta la permeabilità della parete intestinale (permettendo il passaggio nel sangue di tossine che agiscono sul fegato, responsabili di epatopatie, coliti, infezioni, mal di testa e reumatismi) e tre volte più povero di acido linoleico (vit. F), che invece ha un’azione opposta.

Per quanto riguarda la composizione proteica, il latte umano è relativamente povero di caseine, β-globuline ed IgG, mentre è ricco in α-lattalbumina, necessaria per la sintesi del lattosio, lattotransferrina, utile per il trasporto del ferro e dello zinco nell’intestino, IgAs, che tappezzano la mucosa intestinale del bambino e si oppongono alla penetrazione nel sangue di batteri e virus, e lisozima, attivo contro alcuni batteri.

Le proteine bovine sono diverse da quelle umane, con zone in cui gli aminoacidi non sono gli stessi e almeno in parte resistono alla digestione degli enzimi e della flora batterica umana, entrambi non adeguati. Infatti le proteine specifiche contenute nel latte animale, con la funzione di trasmettere le informazioni necessarie all’elaborazione dell’osseina (sostanza fondamentale ricca di calcio, fosforo, magnesio e altre sostanze nutritizie nella quale sono immerse, e da essa strettamente unite e consolidate, le fibre collagene, N.d.A.) non sono adatte alla nostra specie, con conseguente accumulo di minerali nell’organismo e nei tessuti, che favoriranno fra l’altro la formazione di cisti, calcoli ed osteofitosi.

L’intestino del lattante, fragile e immaturo, lascia spesso passare queste macromolecole non degradate, per cui è frequente osservare nella prima infanzia segni clinici di intolleranza al latte di vacca e presenza di anticorpi diretti contro le diverse proteine bovine. Il latte di donna è relativamente povero di oligoelementi e minerali, sebbene sia ben cinque volte più ricco di vit. C e rame rispetto quello vaccino, tuttavia questa carenza non comporta alcuna problematica nel bambino, in quanto il legame fra minerali ed altre sostanze, in particolare le caseine, ne consente un assorbimento ottimale.

Il latte di vacca contiene più ferro e calcio, che vengono comunque male assorbiti dalla mucosa intestinale del bambino, ciò che comporta spesso una carenza di questi minerali. Inoltre l’eccessiva quantità di calcio e magnesio contenuta nel latte vaccino, rende il magnesio stesso poco disponibile per l’organismo umano, con conseguente impoverimento delle cellule nervose e muscolari.

La quantità di fosfato presente nel latte di vacca è sei volte superiore a quella del latte di donna, ma tale dose è eccessiva per l’essere umano e provoca un’alterazione del metabolismo del calcio: un aumento della concentrazione plasmatica di fosfato abbassa la calcemia e stimola la secrezione di paratormone dalle ghiandole paratiroidi, con conseguente fuga di calcio dalle ossa. Invece di mineralizzare, il latte vaccino demineralizza! Al fine di prevenire l’incidenza dell’osteoporosi si rivela dunque più proficuo consumare pesce non allevato, ricco di calcio, magnesio e fosfati biodisponibili per l’organismo umano.

Il latte di donna fornisce al lattante un apporto equilibrato di vitamine, molto diverso da quello che si riscontra nel latte di vacca, che è invece certamente più adeguato per un vitello.Watch Full Movie Online Streaming Online and Download

Il latte di vacca favorisce nel vitello una rapida costituzione dell’impalcatura ossea ma un piccolo cervello, mentre nell’uomo, al contrario, la crescita ossea è molto lenta ed il cervello è estremamente sviluppato, complesso e voluminoso.

Vi sono numerose evidenze scientifiche che il latte di vacca e i suoi derivati sono implicati in un gran numero di malattie, quali la poliartrite reumatoide,il diabete mellito giovanile, la sclerosi a placche , molti mal di testa ed emicranie, e la malattia di Crohn, particolarmente legata al consumo di latte e derivati. Grazie al lattosio inoltre, il latte di vacca crea l’ambiente adatto alla proliferazione di due batteri patogeni, l’Helicobacter pylori ed il Campylobacter, ritenuti i massimi responsabili dell’ulcera duodenale. Il latte infatti rende l’ambiente intestinale inadatto alla sopravvivenza del Lactobacillus reuteri, lattobacillo indigeno del tratto gastrointestinale umano che produce una sostanza detta reuterina, in grado di inibire fortemente il metabolismo dell’Helicobacter pylori.

Come se non tutto ciò bastasse, le vacche sono normalmente nutrite con alimenti lavorati, modificati, molto spesso contenenti aflatossine: si tratta di micotossine, tossine di natura microbica prodotte da diverse specie micetiche, che possono contaminare prodotti alimentari che servono da ingredienti base per altri prodotti (per esempio farine) oppure, appunto, per l’alimentazione di animali, contribuendo a rendere estremamente vasto lo spettro dei prodotti a rischio (il latte è un tipico prodotto in cui la contaminazione da aflatossine è possibile). I mangimi vengono inoltre additivati con steroidi ed estrogeni al fine di incrementare la lattazione, antibiotici e vaccini, che rendono il latte ancora più malsano e dannoso: alcuni studi dimostrano che il latte di vacca contiene una notevole quantità di estrogeni (che si accumulano nei tessuti grassi dell’animale) e che l’esposizione agli estrogeni costituisce una delle principali cause di cancro agli organi genitali.

Per quanto riguarda infine il latte umanizzato, benché i ricercatori si siano sforzati di renderlo il più possibile simile a quello di donna, permangono delle differenze importanti, a cominciare dal fatto che queste specialità non contengono né ginolattosio, né IgAs né lipasi, la β-lattoglobulina non è eliminata, ma soprattutto esso contiene proteine bovine, che vengono introdotte in un tubo digerente programmato per elaborare proteine umane.

Tutto ciò deriva da una visione parziale della nutrizione, che privilegia l’aspetto quantitativo, e che non si preoccupa minimamente della struttura molecolare degli alimenti. Nessun animale selvatico si nutre di latte di altri animali, né continua a bere latte in età adulta, dopo lo svezzamento.

In breve il latte e derivati generano patologie a lenta e silenziosa evoluzione, con ripercussioni sulle generazioni successive, poiché sconvolgono il circuito ormonale. Questi prodotti sensibilizzano e rendono il terreno organico fragile e idoneo al progredire delle patologie, anche per il loro potere di cristallizzare e trattenere le tossine assorbite. Insomma, per così dire, i latticini “invitano” le patologie ad insediarsi.

 

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